In un transetto del braccio destro della chiesa degli Eremitani a Padova c’è una cappella detta Ovetali, e al suo interno un affresco di Andrea Mantegna che non smette mai di stupirmi. Si tratta della storia di San Cristoforo.
In particolare mi colpisce il trasporto del corpo senza testa del santo, che appare enorme rispetto a tutti gli altri esseri umani che lo circondano. Uno di questi gli solleva una gamba in un gesto quasi plateale, come quando l’arbitro di pugilato determina la sconfitta, alzando il braccio esanime dell’atterrato.
Torniamo però a quello che ci riguarda, la posa.
La posa del santo, che quasi sparisce tra le parti mancanti dell’affresco, si staglia con i piedi verso lo sguardo dello spettatore, quasi a farci capire che ormai quei piedi giganti non lo sosterranno più. La testa è tagliata, il corpo non serve più a tenere la scatola del pensiero e quindi la volontà.
VIDEO
Riprese: Isola d’Elba, spiaggia di Cavoli
Opera di Luigi Presicce
Video di Daniele Pezzi
Con la partecipazione di Anna Capolupo, Maria Cecilia Cirillo, Stefano Giuri, Luigi Presicce
Molte cose mi fanno pensare ai giganti, tra queste, una che coniuga questa “malformazione” alla prigionia, credo che sia proprio I viaggi di Gulliver, un romanzo di fantasia di Jonathan Swift.
Ho parlato di prigionia principalmente per il luogo in cui questa mia performance si svolgerà, l’isola di Pianosa, un isola carceraria nell’arcipelago toscano. Gulliver dicevamo…
L’eroe di questi racconti (pubblicati nel 1726) è memore del già noto naufragio di Robinson Crosue (uscito qualche anno prima) e da questo ne prende le orme, sulla sabbia, quando approda su un’isola apparentemente deserta.
Qui scatta la parte fantastica del racconto e Gulliver si risveglia legato come un salame e circondato da piccoli uomini alti un palmo di mano.
Da queste suggestioni nasce la performance La cattura di San Cristoforo.